Addio alle note scolastiche
Addio alle note scolastiche
La Camera dei Deputati cancella le note agli alunni indisciplinati.
Salvo improbabili ripensamenti in Senato, può dirsi che il 2 maggio scorso abbia significato nel mondo della scuola l’addio definitivo alla previsione statale delle sanzioni disciplinari.
E’ accaduto infatti che con l’approvazione da parte dell’Assemblea dei Deputati del testo unificato delle proposte di legge A.C. 682 e abb., che prevede l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione, sia passato anche un emendamento, che intende cancellare gli artt.412-414 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 di regolamentazione dei servizi della scuola elementare.
Si tratta di norme che prevedono punizioni intese quali mezzi disciplinari da utilizzarsi nei confronti degli alunni che mancano ai loro doveri scolastici. A seconda della gravità della mancanza, si tratta dell’ammonizione; della censura notata sul registro con comunicazione scritta ai genitori, che la debbono restituire vistata; della sospensione dalla scuola, da uno a dieci giorni di lezione; dell’esclusione dagli scrutini o dagli esami della prima sessione; dell’espulsione dalla scuola con la perdita dell’anno scolastico.
L’intento politico è quello di estendere alle elementari gli effetti del D.P.R. 24 giugno 1998, n. 249, lo statuto degli studenti della scuola secondaria, regolamento focalizzato a rafforzare la collaborazione scuola – famiglie attraverso la sottoscrizione da parte di genitori e studenti di un Patto Educativo di Corresponsabilità dove in modo dettagliato e condiviso vengono definiti i diritti e i doveri di ognuno.
Dunque i provvedimenti disciplinari non vengono cancellati, ma continuano ad esistere, non più per previsione generale di legge, bensì per individuazione rimessa alle singole comunità scolastiche, che con regolamento individuano i comportamenti che configurano mancanze disciplinari e le relative sanzioni, le cui finalità non possono essere mai punitive, bensì solo educative e consistenti nell’esercizio di attività sociali e culturali comunque a vantaggio della comunità scolastica.
Rimangono certo le sanzioni dell’allontanamento temporaneo dalla scuola, l’esclusione dallo scrutinio finale o la non ammissione all’esame di Stato conclusivo del corso di studi, ma queste pretendono elementi concreti e precisi di responsabilità dell’alunno e sono comunque recessive rispetto ai valori della libertà di espressione e soprattutto del diritto all’inclusione del giovane nella comunità scolastica.
Ebbene a fronte di un quadro legislativo così delineato, plaudire al fatto che la Camera abbia inteso abolire norme anacronistiche per una coerenza di sistema tra cicli di istruzione dove la punizione statale colpisce solo i bambini dai 6 agli 11 anni, ha il suo significato logico, come pure risponde a una certa sensibilità emotiva il ritenere che nell’educazione dei più piccoli debbano sempre preferirsi comprensione e fiducia.
Ma a mio avviso qualcosa non torna nella riflessione.
Nel nostro territorio da avvocato non registro episodi di violenza di alunni verso i docenti, ma casi di bullismo, già in quarta e quinta elementare, sì.
Assisto allora a precise domande che non possono non porsi all’interno della comunità scolastica allorquando l’ideale della collaborazione tra dirigenti e insegnanti e genitori e alunni viene meno nel preciso momento in cui si tocca l’individualità di ciascuno dei protagonisti con le sue sensibilità e criticità.