CODICE ROSSO, ATTENZIONE ALLE VERE VITTIME
CODICE ROSSO, ATTENZIONE ALLE VERE VITTIME
La cronaca informa che Felice Maniero, l’ex boss della Mala del Brenta, è tornato in galera.
Collaboratore di giustizia, sotto nuova identità aveva intrapreso una vita da imprenditore con la famiglia a Brescia finché nei giorni scorsi il GiP ha disposto nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Ad incastrarlo la denuncia per maltrattamenti da parte della compagna unitamente alle regole del cosiddetto “codice rosso”.
Si tratta di una legge, la n.69 del luglio scorso, chiamata a garantire un rapido intervento a tutela delle donne vittime di violenza.
In particolare nei casi di violenza domestica o di genere (maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn), lesioni personali e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso connesse a fatti di violenza domestica o sessuale) viene delineata una corsia preferenziale per la quale lo Stato interviene con particolare prontezza.
In estrema sintesi la Polizia Giudiziaria come apprende la notizia di reato deve subito informare il Pubblico Ministero, che provvede personalmente entro 3 giorni a sentire la persona offesa e quelle ad essa vicine.
Assunte le informazioni senza ritardo, scattano eventualmente le misure cautelari personali del caso.
Il caso di “faccia d’angelo” sollecita così alcune riflessioni, che scontano tutti i limiti dettati dalla mancanza di conoscenza da parte mia dei fatti concreti.
Ebbene da quando la legge è entrata in vigore ad agosto si è registrato un boom di denunce.
Il fenomeno è socialmente utile a fare emergere il sommerso della violenza domestica, ma la verità è che poi tutto ciò ricade su organici delle Forze dell’Ordine e delle Procure, segreterie e magistrati, a numero invariato.
Tutte segnalazioni urgenti fanno sì che strette ad imbuto nessuna di esse lo sia più e allora diventa importante capire quali sono i criteri di priorità che gli uffici si danno.
Come distinguere tra una semplice lagnanza dettata dall’emotività di una crisi di coppia e una segnalazione di vero pericolo?
Come scegliere un caso cui dare priorità di trattamento a dispetto di altri?
Perché disporre il carcere e non il semplice allontanamento dal domicilio domestico e dagli altri luoghi frequentati dalla vittima?
Senza nessun investimento nel numero e nella formazione degli inquirenti, come nell’acquisto di braccialetti elettronici o nella realizzazione di case rifugio, il rischio è che nel dubbio tutto sia rimesso al timore di un giudicante che non vorrà mai assumere su se stesso il rischio di una tragedia annunciata.
Fondamentale a tutela della sicurezza delle vittime come dei diritti dei supposti maltrattanti diviene allora la professionalità attenta e dedicata dell’avvocato, chiamato a non abusare degli strumenti penali nelle vertenze familiari meramente civilistiche inseguendo la litigiosità dei propri assistiti, senza però mai abbassare la guardia che la violenza non va mai tollerata e pretende sempre la necessaria attenzione.
Porto San Giorgio, li 20 ottobre 2019.
Avv. Andrea Agostini