“FINE PROCESSO, MAI”
“FINE PROCESSO, MAI”
La Giunta dell’Unione delle Camere Penali, ha indetto un’astensione per i giorni dal 2 al 6 dicembre 2019, per esprimere il proprio dissenso sulla riforma della prescrizione, c.d. legge “spazza corrotti”.
In altre parole dal 1 gennaio 2020 entrerà in vigore il cosiddetto “fine processo, mai” ossia il blocco della prescrizione all’esito della sentenza di primo grado.
Che la sentenza sia stata di condanna o di assoluzione non importa, i processi penali non avranno più scadenza e si potrà rimanere imputati a vita.
E’ la barbarie del diritto, la negazione del giusto processo, un’autentica violazione dei più elementari diritti umani, ma che importa, “vogliamo i responsabili e li vogliamo in galera!”, grida certa parte politica.
Chiedo a questi politici, ma siamo sicuri che non ci possano essere altri mezzi per evitare la prescrizione dei reati e accertare comunque le responsabilità di ognuno?
Non sarebbe forse meglio investire nella giustizia piuttosto che annichilirla?
E se risorse non ve ne sono, non sarebbe più opportuno allora ridurre la previsione di fattispecie di reato ad un minor numero di casi della vita, quelli di maggiore allarme sociale, così da avere meno processi e quindi una giustizia più celere?
Vi offro un esempio.
Il vicesindaco di Civitanova Marche, dr. Fausto Troiani, in questi giorni si trova a dover rispondere innanzi al Tribunale Penale di Macerata del reato di diffamazione aggravata dall’uso di facebook per un “Francesco (il Papa) e il suo “staff di pedofili”.
Già in precedenza lo stesso ha dovuto rispondere per il medesimo reato aggravato da motivi di odio razziale per un “rimane negra” riferito all’ex ministro Cecile Kyenge.
In entrambi i casi l’esito finale dei processi consiste nello svolgimento di lavori socialmente utili con la messa a servizio della collettività delle competenze mediche del reo presso la locale Croce Verde.
Mi domando allora se abbia senso che la giustizia penale debba impiegare tempo e risorse per indagare e processare i “leoni da tastiera”, persone comuni o addirittura come in questo caso stimati professionisti, che presi dal furore dell’indignazione popolare sfogano la loro rabbia verso il “sistema” lasciandosi andare ad asserzioni certo offensive, ma al contempo assolutamente gratuite.
Perché prevedere un reato e volere a tutti i costi un’affermazione di responsabilità penale in assenza di un incitamento alla violenza?
Che senso ha prevedere il carcere, se poi all’atto pratico tutto può risolversi con un esborso di danaro o altre formule riparatorie?
Le mie considerazioni possono pure lasciare il tempo che trovano, ma non quelle della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso Belpietro c. Italia, 24 settembre 2013 e il più recente caso Sallusti c. Italia, 7 marzo 2019), la quale ritiene a tal punto sproporzionata la previsione della pena detentiva, pure condizionalmente sospesa, per il reato di diffamazione, da auspicarne la fuoriuscita dal circuito penale.
Premier Giuseppe Conte, Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, avvocati, il fine non giustifica i mezzi.
Porto San Giorgio, FM, li 1/12/19.
Avv. Andrea Agostini