“IO VUOLE IMPARARE ITALIANO BENE” è frase razzista?
“IO VUOLE IMPARARE ITALIANO BENE” è frase razzista?
Scandalo nazionale perché una casa editrice della provincia di Ancona in un libro dedicato ai bambini di seconda elementare raffigura in una vignetta un bambino di colore, che come proposito per l’anno scolastico dichiara “io vuole imparare italiano bene”.
Una pagina social taccia la frase di razzismo, la notizia rimbalza sui media nazionali, il Ministro dell’Istruzione condanna e chiede chiarimenti e c’è già chi annuncia un’interrogazione in Senato.
La casa editrice si scusa, richiama i valori inclusivi che caratterizzano la mission aziendale, corregge il testo online e si impegna a cambiare il cartaceo in ristampa.
Lungi da me esprimere giudizi di valore, ma considerando che gli autori del libro sono insegnanti, immagino questi abbiano semplicemente voluto riportare un dato di esperienza tipico del dialogo, tanto vero quanto ingenuo, di bambini in classe, fanciulli che ancora non conoscono la malizia degli adulti e la forza dei loro pregiudizi.
Opinione questa mia tanto personale quanto opinabile, ma che muove da basi di legalità.
Infatti il metro di misura per definire razzista o meno la frase incriminata dai social è dato dai “delitti contro l’uguaglianza” e in particolare dall’art.604 bis del codice penale, che tra le altre incrimina chi per ragioni di razza o di etnia “propaganda idee fondate sulla superiorità” o “commette atti di discriminazione”, punendolo con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro.
A voler considerare razzista la frase messa in bocca al bambino di colore si ha ipotesi di reato, altro che dibattito social!
Ma fortunatamente la responsabilità penale va vagliata non dai social, ma da magistrati che dovranno chiedersi in astratto se si tratti di “divulgazione di opinioni finalizzata ad influenzare il comportamento o la psicologia di un vasto pubblico e a raccogliere adesioni” o di “discriminazione fondata sulla qualità personale del soggetto e non piuttosto sui suoi comportamenti”.
La valutazione astratta dovrà poi calarsi nel concreto e il giudizio sarà chiamato a contestualizzare la frase nel suo contesto comunicativo.
Ebbene abbiamo una pagina colorata e corredata graficamente di buoni propositi scolastici espressi da cinque bambini felici, ognuno con i capelli di colore diverso, che giocano insieme e tra questi tre con l’hula hoop, uno dei quali è di colore e pronuncia la frase incriminata.
All’evidenza è la stessa grafica unita al contesto comunicativo ad escludere ogni connotazione propagandistica e discriminatoria.
Pertanto non siamo in presenza di alcuna frase razzista, ma di un’espressione di vita, come quella del calciatore Luis Suarez, che “non spiccica na parola”, “non coniuga i verbi” e “parla all’infinito”.
Ma chissà che il politicamente corretto non imponga di rivedere il registro linguistico anche alla Procura della Repubblica di Perugia!
Porto San Giorgio, FM, li 27/09/2020.
Avv. Andrea Agostini