LA DONNA CHE VA IN PALESTRA PERDE IL MANTENIMENTO
LA DONNA CHE VA IN PALESTRA PERDE IL MANTENIMENTO
E’ quanto ritiene la prima Sezione della Corte di Cassazione, con l’ordinanza 18/01/2023, n. 1482.
Il fatto vede una coppia separarsi consensualmente nel 2008 e il marito corrisponde alla moglie trentasettenne un mantenimento mensile di euro 300.
Nel 2012 il marito chiede il divorzio, la moglie resiste.
Il Tribunale di Velletri, sentenza 22/6/2016 n.2319, dispone un assegno divorzile di 100 euro mensili a favore della donna.
L’uomo impugna e la Corte di Appello di Roma, Sezione Minori, sentenza 17/3/2020, n. 1798, guardando gli estratti dei conti correnti e numerose fotografie della donna, revoca il mantenimento.
La revoca dell’assegno di divorzio viene motivata dal giudice di secondo grado, letti gli estratti dei conti correnti e viste numerose fotografie della donna, affermando che ella “disponeva di redditi provati dalle risultanze dei conti correnti e dalle spese, anche voluttuarie, sostenute” nonché di “capacità lavorativa dimostrata dal fatto che ella aveva letteralmente trasformato il proprio fisico dedicandosi ad una intensa e costante attività di body building”.
La motivazione viene ritenuta dalla Cassazione logica in quanto dimostrativa del fatto che la donna “al momento della dissoluzione del matrimonio, aveva la capacità di dedicarsi all’attività lavorativa” e dispone “di redditi idonei a renderla economicamente autonoma ed in grado di sostenere i costi dell’abitazione presa in locazione”.
Quindi la donna perde il mantenimento e viene condannata alle spese di lite.
“Le sentenze non si giudicano, si rispettano”, quante volte lo sentiamo dire, però … la Cassazione e la Corte di Appello non mi convincono e ciò per tre ragioni.
La prima. I giudici non individuano quali siano le spese ritenute voluttuarie e gli importi delle stesse, quindi ben può essere che ciò che per me non è necessario, magari può esserlo per altri e anche in considerazione del valore economico delle stesse e del contesto sociale in cui si muove la storia di vita oggetto di esame.
La seconda. Affermare che siccome si scolpisce il fisico in palestra allora si può andare a lavorare, senza però dire nulla di quale occupazione si stia parlando anche in relazione all’eventuale formazione di studi e professionale, attualità di competenze, offerte del mercato del lavoro, rivolte peraltro a una ex trentasettenne prossima a spegnere 53 candeline, appare più un pregiudizio, che un giudizio.
La terza. L’assegno divorzile spetta a chi “non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive”, dice l’art.5 co.6 Legge 1/12/1970 n.898, ma la stessa norma è chiara nell’affermare che per arrivare a un tale giudizio occorre prima tenere conto “delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi” e valutare “tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio”, ma di tutto questo nelle sentenze in esame manca il segno.
In estrema sintesi l’assegno divorzile è pacifico non abbia solo funzione assistenziale, ma anche compensativa e perequativa del vissuto coniugale, quindi a mio avviso ridurre la questione a spese voluttuarie e body building appare estremamente riduttivo.
Fin qui il diritto, poi ci siamo noi, operatori, magistrati e avvocati, e utenti, che attendono 11 anni per mettere la parola fine a un divorzio o che semplicemente leggono notizie e commenti, e mi e vi pongo una domanda.
Non sarà che una persona che trova forza, tempo e costanza, per fare di se stesso negli anni un tempio del benessere psicofisico, muove più invidia che ammirazione?
Porto San Giorgio, FM, li 29/1/2023.
Avv. Andrea Agostini