TORNA IL TERREMOTO: burocrazia senza pietà
TORNA IL TERREMOTO: burocrazia senza pietà
Un inno all’illegalità perché siano garantiti i diritti dei terremotati.
Le 5 del mattino di martedì, una scossa di terremoto e l’Italia perde il campanile di una chiesa del 600 a Muccia mentre in diversi comuni del maceratese si aggravano le lesioni di tanti immobili in attesa di ricostruzione dagli eventi sismici risalenti alla seconda metà del 2016.
Il cuore va agli abitanti che pigiama e ciabatte nella notte, svegliati di soprassalto, si riversano in strada e monta l’indignazione quando si scopre che a Muccia e Pieve Torina le famiglie sono fuggite persino dalle S.A.E., le soluzioni abitative in emergenza, dove la caduta di pensili, all’interno di casette antisismiche più costose di un appartamento prima fila mare, diviene simbolo della frustrazione di un’intera popolazione.
La politica esprime solidarietà e promette controlli, la pubblica amministrazione avvia nuovi accertamenti, ma nessuno che realizzi l’evidenza.
Se sono passati anni senza ricostruzioni è solo perché le migliori intenzioni di ognuno sono state fermate dal muro eretto dalla burocrazia a garanzia di un principio di legalità talmente astratto da essere incomprensibile.
La legalità non è più un valore da perseguire, ma un disvalore da evitare e superare, se essa viene declinata a tutela dei burocrati e a danno dell’Italia e gli Italiani.
Nonna Peppina a Fiastra e tanti altri sono colpevoli di essersi organizzati da soli a proprie spese per garantirsi celermente un tetto sotto cui riparare mentre i progetti di ricostruzione sono fermi nell’iter di validazione a fronte di difformità urbanistiche edilizie lievi tra ciò che è – o meglio era – nella realtà dei luoghi e ciò che invece dovrebbe essere secondo le stimate verità delle carte pubbliche.
Edifici assai risalenti negli anni, nessuno che abbia mai rilevato o contestato nulla, legittimi passaggi di proprietà, e ora tutto viene marchiato per abusivismo.
Emblematico il caso che mi occupa in questi giorni come legale.
Una coppia di stranieri investe nel 2016, subito prima del sisma, in un immobile ante 1967 che verrà poi leso. Intendono quindi investire per il recupero dell’edificio e così anche contribuire a riqualificare il centro storico del piccolo paesino, ma la pubblica amministrazione sospende la pratica. Nonostante l’accatastamento curato dal geometra sia alla base del rogito notarile di vendita da parte di chi aveva ricevuto la proprietà su decreto di trasferimento del tribunale del 1994, manca di un piccolo magazzino il titolo edilizio, che possa consentire il riconoscimento della conformità urbanistico edilizia necessaria ad autorizzare la riparazione dell’intero immobile.
Geometra, notaio, tribunale e manca un titolo edilizio! Immaginate lo sgomento di chi, straniero, non si capacita di quanto gli stia accadendo per avere voluto investire nel nostro Belpaese!
Allora come uscire da un’emergenza, che non è il terremoto del 2016, ma la proclamazione sterile di un principio assoluto di legalità, che poi nella pratica appare ingovernabile anche per coloro che sono deputati più di tutti a garantirne il rispetto?
Non servono sanatorie e condoni e artifizi legali vari.
Necessita invece il riconoscimento pubblico della buona fede e del legittimo affidamento di tanti privati onesti cittadini, che non rappresentano una minaccia per la tutela ambientale e che anzi oggi meritevolmente chiedono di investire risorse utili a fare ripartire l’economia di un territorio devastato dal terremoto.
A due anni dal sisma, occorre buon senso. E’ tempo di ritornare alla vita.
Avv. Andrea Agostini