TERREMOTO: la vergogna del mattone
TERREMOTO: la vergogna del mattone
La Regione Marche è scossa.
Ciò non tanto a seguito del sussulto di magnitudo 3.3 che ancora oggi, sabato 21 luglio 2018, allo ore 10.01, muove il piccolo comune maceratese di Pieve Torina, quanto dalla lettura dei giornali dai quali si apprende che la Guardia di Finanza ha perquisito e sequestrato computer e documenti negli uffici della Protezione Civile regionale.
Quattro indagati eccellenti sono chiamati a rispondere di abuso di ufficio per presunte irregolarità nella gestione degli appalti e dei lavori sulle S.A.E., le soluzioni abitative d’emergenza per gli sfollati.
Una rete intricata di subappalti, fatta di consorzi e reti di imprese, potrebbe celare condizionamenti e infiltrazioni mafiose nel business del post terremoto marchigiano dell’agosto del 2016, caratterizzato tra le altre da 1931 casette provvisorie per un costo totale di fornitura, iva e oneri di sicurezza esclusi, di euro 107.489.946/40.
In Regione hanno bene controllato chi entrava a lavorare nei cantieri o qualcosa è mancato?
Le indagini faranno il loro corso, ma credo questo sia già segnato.
Due le considerazioni.
La prima.
Al 3 marzo 2018 delle 1931 casette previste, 1234 risultavano consegnate e 697 ancora da consegnare, pertanto l’indagine andrà circoscritta alle pratiche chiuse e tra queste a quelle per le quali è già intervenuto il pagamento pubblico.
Curiosamente i ritardi nelle consegne dei moduli abitativi, pure che di danno alle popolazioni terremotate, saranno di beneficio per i presunti responsabili della mala ricostruzione.
La seconda.
Il 19 luglio scorso è stato convertito in legge l’ennesimo decreto terremoto, quello del 29 maggio 2018, n. 55, e diverse cose sono cambiate.
Ad esempio sono state previste delle sanatorie, da quella cosiddetta della “Nonna Peppina” per le casette “fai da te”, a quella per gli abusi edilizi commessi prima del sisma su immobili poi danneggiati dal terremoto, fino a delle semplificazioni per la chiusura delle pratiche di condono ancora aperte.
Oltre a queste misure di maggiore clamore mediatico, ve ne sono altre che silenziosamente potrebbero rappresentare un calo di tensione nella legalità delle procedure.
Da una parte non si comprende la ragione per la quale rispetto al codice degli appalti si sia alzata l’asticella da 150.000 euro a 258.000 euro per richiedere l’attestazione S.O.A. necessaria a garantire il possesso da parte dell’impresa edile di tutti i requisiti previsti dalla normativa sui contratti di lavori pubblici.
Dall’altra parte si rimette al Commissario straordinario per la ricostruzione emanare prossimamente linee guida per indicare agli uffici come garantire la correttezza delle procedure e degli adempimenti.
Insomma una normativa ancora in divenire non può che rendere agli inquirenti assai ardua l’impresa di sostenere vi sia stata da parte degli indagati un’azione intenzionale nel procurare a taluno un ingiusto vantaggio patrimoniale, quindi l’abuso di ufficio.
Per le ragioni sopra esposte, non sono quindi scosso dai titoloni circa le operazioni investigative in corso, quanto piuttosto dal fatto che a due anni dal terremoto ancora si stia a discutere di soluzioni abitative provvisorie e che diverse di queste ancora siano da consegnare.
Sui ritardi della pubblica amministrazione, quella sì sarebbe un’indagine capace di scuotermi.
Avv. Andrea Agostini