Come nell’antichità, c’è ancora bisogno della grazia?
Come nell’antichità, c’è ancora bisogno della grazia?
L’attualità del potere di concessione della grazia, riconosciuto dall’art.87 della Costituzione al Presidente della Repubblica, è dato dal fatto che il Capo dello Stato Sergio Mattarella ne ha fatto uso in questi giorni.
Si tratta di tre anziani che stavano scontando le loro pene, uno per avere ucciso il figlio drogato all’esito dell’ennesima lite domestica, due per l’uccisione delle mogli gravemente sofferenti a causa dell’Alzheimer, e che ora tornano in libertà.
Il condono della pena inflitta (art.174 c.p.) arriva al termine di una procedura (art.681 c.p.p.) che si compone solitamente della domanda dell’interessato o dei suoi congiunti e comunque del parere dell’autorità giudiziaria e di un’istruttoria del Ministero di Grazia e Giustizia, che culmina infine nell’atto di clemenza del rappresentante l’unità nazionale.
“Ragioni essenzialmente umanitarie” – così la Corte Costituzionale, sentenza del 18/05/2006, n. 200 –, giustificano l’esercizio del potere di grazia e quindi l’estinzione della pena allorquando questa nel caso concreto del singolo individuo abbia perso di umanità e di capacità rieducativa.
Non un quarto grado di giudizio a sindacare il lavoro dei giudici e neppure uno strumento svuota carceri di politica penitenziaria, ma una ricomposizione sociale tra lo Stato che rinuncia alla pretesa punitiva e il comune senso di giustizia che invoca il reinserimento sociale del condannato.
La clemenza appena concessa a ciascuno dei tre anziani risponde perfettamente ai parametri costituzionali e non dubito neppure degli altri atti di grazia compiuti dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Penso ad esempio ai casi del dirigente scolastico direttore del convitto crollato in occasione del sisma de L’Aquila del 2009 dove morirono alcuni studenti; degli ex agenti CIA responsabili del sequestro nel 2003 dell’imam Abu Omar; dell’imprenditore edile che nel 2006 sparò al ladro albanese, che tentava di rubargli la mercedes parcheggiata in giardino, ecc.
Però non posso non interrogarmi sulla natura di atto politico della grazia perché se si trattasse di semplice esigenza di calibrazione dell’esecuzione della pena sul caso singolo, si potrebbe ricorrere alla liberazione condizionale o alle misure alternative alla detenzione o alle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi.
Ecco allora evidenti le ragioni di opportunità, che rendono attuale e necessario il potere di grazia del Presidente della Repubblica, tutte annidate nell’inefficienza dei poteri dello Stato: l’inettitudine a garantire servizi sociali realmente vicini ai soggetti problematici e ai loro familiari; l’incapacità di affrontare i temi del fine vita e dell’eutanasia; l’insufficienza nel destinare risorse economiche a garantire la sicurezza dei plessi scolastici; l’inettitudine ad affermare la sovranità nazionale nei confronti degli Stati stranieri; l’imperizia nel giudicare della legittima difesa, dimenticando che la giustizia si amministra in nome del popolo e non contro di esso.
All’inefficienza dello Stato, si deve pure rimediare, certo, ma in ogni valutazione di opportunità possono cogliersi benefici per taluni e pregiudizi per altri.
Penso al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e alla trattativa politica del 2013 circa la grazia all’ex premier Silvio Berlusconi.
Considero la clemenza richiesta nel 2018 al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dall’ex manager Thyssen di Torino e alla rabbia delle famiglie delle vittime morte nel 2007.
Nella aule di giustizia come nella Costituzione sta scritto che “La legge è uguale per tutti” e allora mi domando, cosa accadrebbe se la nostra Repubblica democratica esprimesse finalmente pollice verso sul mito antico della grazia romana e vi rinunciasse?
Porto San Giorgio, li 17/2/19.
Avv. Andrea Agostini