RIFORMARE IL CODICE DELLA STRADA? Si, ma a tutela dei cittadini
RIFORMARE IL CODICE DELLA STRADA? Si, ma a tutela dei cittadini
Il 27 febbraio 2019 la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi, ha adottato lo schema di disegno di legge di delega al Governo per la modifica del Codice della Strada.
Ciò significa che, almeno in teoria, entro 18 mesi avremo una riforma, secondo quattro principi direttivi:
- Revisionare la disciplina sanzionatoria, secondo principi di ragionevolezza, proporzionalità, effettività e non discriminazione, in particolare prevedendo la semplificazione dei procedimenti per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie;
- Incrementare l’uso degli strumenti di controllo a distanza che consentono l’accertamento della violazione con contestazione differita;
- Inasprire le sanzioni per comportamenti particolarmente pericolosi e lesivi dell’incolumità e della sicurezza degli utenti della strada;
- Aumentare le misure di tutela a favore degli utenti deboli della strada, tradizionalmente minori, disabili, anziani, pedoni, ciclisti, ma anche guidatori di moto, motorini e altri dispositivi di mobilità personale.
Se questo è, possiamo dire che in nome della sicurezza stradale, ci si muove nel segno di un ulteriore giro di vite a danno delle tasche dei cittadini.
Certo in concreto tutto dipenderà dal consenso politico che le diverse proposte governative incontreranno nel loro cammino e così sarà pure per quelle gialloverdi già avanzate alla Camera dei Deputati e riunite dalla Commissione Trasporti.
Così il divieto di fumo alla guida, pena il pagamento di una somma da 81 a 326 euro; il divieto di allontanare anche solo temporaneamente le mani dal volante per usare qualsivoglia dispositivo elettronico; la possibilità per i ciclisti, nei centri abitati con limite massimo di velocità a 30 km/h, di circolare contromano, proposte avanzate dall’On. Emanuele Scagliusi del M5S.
Così pure l’elevazione, in relazione alle caratteristiche progettuali ed effettive del tracciato, a 150 km/h del limite di velocità sulle autostrade, proposta dall’On. Elena Maccanti della Lega Nord.
Ce ne sarebbero poi tante altre di proposte degne di menzione, più o meno curiose, ma nessuna che tuteli i cittadini dall’ansia della Pubblica Amministrazione di fare cassa.
Parlo di multe facili, quelle che, a torto o a ragione, si pagano perché fare valere i propri diritti costa di più, come ad esempio quelle di 42 euro afferenti il parcheggio nelle strisce blu senza ticket, l’attesa del verde semaforico oltre la linea bianca di arresto, l’eccesso di velocità entro 10 km/h, ecc.
Meglio pagare la multa, magari entro 5 giorni dalla contestazione beneficiando così di uno sconto del 30% sulla sanzione, o ricorrere a un giudice terzo e imparziale che, pure rinunziando all’assistenza professionale di un avvocato, costa 43 euro di contributo unificato?
Ragionamento questo peraltro che vale quando siamo residenti nel luogo dove è stata commessa l’infrazione stradale, perché se per caso la violazione è stata commessa altrove, altro che costi da contributo unificato!
Si va forse a contestare la multa a Reggio Calabria, quando si risiede a Milano?
A mio avviso è necessario
- Intervenire sull’art.10 del DPR 30/05/2002, n. 115 e reintrodurre nel nostro ordinamento giuridico l’esenzione dal pagamento del contributo unificato per le cause di valore inferiore ad euro 1.033/00;
- Riconoscere l’utente della strada quale consumatore e quindi modificare l’art.7 co.2 del Decreto Legislativo n.150/11 nel senso che “l’opposizione si propone davanti al giudice di pace del luogo”, non più “in cui è stata commessa la violazione”, bensì di “residenza o di domicilio dell’opponente, se ubicati nel territorio dello Stato”;
Sempre se riteniamo prerogativa di una Repubblica democratica garantire a chiunque, sempre, l’accesso alla giustizia ed alla tutela dei diritti (art.24 della Costituzione).
Porto San Giorgio, FM, li 3/3/19.
Avv. Andrea Agostini